Presentazione di

Angelo Paratico

Noi Italiani di hong kong

L’Italia, come nazione indipendente, è più giovane di Hong Kong. Vide la luce vent’anni dopo lo sbarco degli inglesi a Sheung Wan. Eppure, la penisola italica, come la Cina, è un Paese con millenni di storia. Dunque, entrambe le nostre giovani nazioni sono “gemmate” su dei rami antichi. Questo fatto, in qualche modo, deve aver formato i nostri caratteri nazionali, le nostre abitudini e il nostro modo di guardare al passato e al futuro. Ed è, forse, questo che permette a noi italiani di sentirci  amati e ben integrati nella comunità di Hong Kong.

Dopo aver abitato, con mia moglie, a Hong Kong e aver frequentato le messe domenicali in Caine Road, una volta tornati in Italia, capiamo che qualche cosa ci manca. Ci manca l’aria frizzante di questo avamposto europeo in Cina. Eppure, allo stesso tempo, ci portiamo nel cuore un ricordo positivo che ci dà forza e speranza per il futuro. Parafrasando Ernest Hemingway possiamo dire che Hong Kong è una “festa mobile”.

Hong Kong è fortemente legata all’Italia, sotto a vari aspetti. Le migliori scuole sono state fondate dalle suore canossiane, dai padri del PIME e dai salesiani. A tal proposito leggete l’ottimo e dettagliato saggio scritto dal padre Gianni Criveller, sul libro pubblicato dalla Società Dante Alighieri di Hong Kong “Five Centuries of Italians in Hong Kong and Macao” per avere un quadro di tutto ciò che Hong Kong e Macao debbono ai nostri missionari e alle nostre suore.

Per quanto riguarda la parte laica del nostro Paese vi sono molti personaggi che hanno dato lustro alla nostra piccola comunità, alcuni di notevole peso. Come Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi, che vi sbarcò nel 1852, proveniente dal Perù. Oppure Filippo de Filippi, un illustre naturalista, che sbarcò dalla pirofregata Magenta, comandata da Vittorio Arminjon. Tornavano da Pechino e, purtroppo, il De Filippi, già febbricitante, spirò a Hong Kong nel gennaio 1867. 

Nel 1925 ammarò nella baia di Hong Kong il trasvolatore napoletano Francesco De Pinedo con il suo idrovolante biposto Savoia S-16ter. Dopo Hong Kong procedette su Shanghai, Tokyo e l’Australia, e poi tornò indietro, per scendere sul Tevere, a Roma.

I transatlantici italiani Conte Rosso e Conte Verde muovevano passeggeri da Genova a Shanghai, via Singapore e Hong Kong. Un fatto poco noto è che queste navi, prima del 10 giugno 1940, trasportarono migliaia di ebrei in fuga dalla Germania e dalla Polonia.

Oseo Acconci abitò per molti anni a Macao e a Hong Kong, fu un architetto e uno scultore di valore e oggi la tradizione di famiglia viene portata avanti da suo figlio, Arnaldo. Paolo Borghese, figlio di Junio Valerio, fu un abile ingegnere e l’elettrificazione dell’isola di Hong Kong fu da lui progettata.

Ci passò anche l’agente segreto e avventuriero, Amleto Vespa, un cittadino dell’Aquila e forse parente di Bruno Vespa, che scrisse il libro “Secret Agent of Japan” pubblicato in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.  Fece molto scalpore ma i giapponesi, notoriamente sprovvisti di senso dell’humor, quando riuscirono ad acciuffarlo, a Shanghai nel 1941, lo fucilarono.

Nel dopoguerra transitarono moltissimi italiani da Hong Kong, statisti, scrittori e intellettuali. Nel 1970 arrivò papa Paolo VI. Trascorse una giornata molto piena, giusto il tempo di dire una messa e poi ripartire sul suo aereo dall’aeroporto di Kai Tak. Le porte della Cina, in quegli anni in preda al caos, restarono chiuse per lui.

In molti ancora ricordano le visite di Tiziano Terzani, al FCC e su e giù sugli Star Ferry, vestito con lunghi abiti bianchi e una bella barba, che lo faceva assomigliare a un guru indiano.

 

Dunque, prima e dopo la fondazione di Hong Kong, avvenuta nel 1841, furono molti gli italiani che vi passarono o vennero ad abitarci. Furono sempre personaggi notevoli, d’alta caratura. Per mancanza di spazio mi limiterò ad accennare a due di loro, che sono fra i miei preferiti. Entrambi molto rappresentativi della nostra comunità. Uno fu Eugenio Zanoni Volpicelli, Console a Hong Kong dal 1899 al 1919 e l’altro il salesiano Gaetano Nicosia ( 3 aprile 1915, San Giovanni la Punta - 6 novembre 2017, Hong Kong).

Padre Nicosia lo potete sentire parlare in questo documentario:

https://www.youtube.com/watch?v=qzw7q3tzzYE&t=19s

 

Eugenio Zanoni Volpicelli

Eugenio Zanoni Volpicelli nacque a Napoli nel 1856, vi studiò fisica e matematica, dopodiché, sfruttando una borsa di studio, studiò il persiano e il cinese presso la celebre università Orientale della città partenopea. Nel 1881 lo troviamo in Cina dove lavorò come contabile, ma già dal 1884 le sue abilità linguistiche lo portano ad essere impiegato prima dall’Italia, durante la firma di un trattato commerciale con la Corea e, in seguito, non essendo sfuggito ai cinesi il suo talento diplomatico e linguistico, dal governo imperiale cinese come assistente del viceré Li Hunchang, che Volpicelli affiancò durante le trattative fra la Cina e il Vietnam.

Nel 1886 viaggiò in Russia, apprendendovi la lingua. Frutto di quel viaggio è un libro in inglese, uscito a Londra, sulla guerra fra la Russia e la Cina, dove usò lo pseudonimo di ‘Vladimir’. Lo troviamo negli anni successivi a Shanghai e vi pubblicò nuovi testi, in lingua francese, cinese e in inglese. Nel 1897 tornò nuovamente in Russia e pubblicò un nuovo libro, uscito sempre a Londra, intitolato “Russia on the Pacific and the Siberian Railway” con mappe e  foto, un testo ancor oggi utilizzabile a livello storico.

La sua sagacia non sfuggì ai nostri rappresentanti consolari di Pechino, primo fra tutti il Marchese Salvago Raggi, che lo fece nominare Console d’Italia per Hong e Macao. Nel 1900, durante la rivolta dei Boxer, sfruttando la sua amicizia con Li Hungchang, si prodigò per il mantenimento della pace nella Cina meridionale. Nel 1904, durante la guerra russo-nipponica, lo troviamo con la nostra nave Elba, fra i soccorritori dei marinai russi dell’incrociatore Varyag, che s’auto-affondò a Incheon, in Corea. Conobbe Sun Yatsen e Chan Kaishek e, durante quegli anni tumultuosi, diventò un punto fermo per tutti gli italiani che visitavano l’estremo Oriente. Venne spesso consultato dai nostri giornalisti e dagli uomini d’affari che passavano di qui, Luigi Barzini lo citò spesso nei suoi reportage. Fra il 1915 e il 1919 studiò all’università di Hong Kong, dove si laureò a pieni voti in…ginecologia, forse per curare una malattia di sua moglie. Nel frattempo, non rallentò la propria attività di scrittore, pubblicò un testo in inglese sulla storia della guerra russo-giapponese, attingendo da fonti originali cinesi e nipponiche: questo suo saggio appare spesso citato in opere moderne che trattano questo argomento. Vegetariano, salutista e sempre in marcia, tradusse parte della “Divina Commedia” di Dante Alighieri in cinese e, fatto notevole, tradusse in cinese il libro di Cesare Beccaria, “Dei Delitti e delle Pene”.

Dopo aver lasciato la carica di Console a Hong Kong nel 1919 ed essere stato nominato Commendatore dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, Eugenio Zanoni Volpicelli partì per una ricerca mistica dell’aldilà. Visitò vari templi buddisti che sorgevano sui fiumi cinesi, usando una sua piccola imbarcazione, che battezzò ‘Procida’ e che, mancando vie d’acqua, caricava sul treno. Si accompagnò ai nostri missionari cattolici che incontrava in Cina. Ormai anziano, abbandonò Shanghai e si trasferì in Giappone, a Nagasaki, dove morì nel 1936. In Italia oggi è completamente sconosciuto, tranne che una piccola biografia di Eric Salerno. La sua tomba fu danneggiata dall’esplosione atomica del 1945, ma un anonimo visitatore cinese fornì il denaro per restaurarla.

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Foto di Margot Errante

Foto di Margot Errante

Gaetano Nicosia

Il papà di Gaetano Nicosia fu ucciso in trincea, durante la Prima guerra mondiale, lasciando sua madre sola a allevare i figli. Crebbe in Sicilia dove, un giorno, sfogliando una rivista salesiana che mostrava dei lebbrosi cinesi, sentì il bisogno di aiutarli. Per questo motivo entrò nell'ordine salesiano fondato da Don Bosco e successivamente chiese di essere inviato all'estero per assistere i lebbrosi. Arrivò a Hong Kong nel 1935, per poi trasferirsi a Macao. I suoi superiori non gli permisero d’entrare in Cina, perché troppo gracile.

Quando scoppiò la Seconda guerra mondiale, nel 1941, Macao fu risparmiata dai combattimenti veri e propri, ma la gente soffrì enormemente, perché l'esercito giapponese controllava le forniture di riso. Dopo la guerra fece costruire una scuola agricola, a Coloane per gli orfani e per i rifugiati che si trasferivano dalla Cina continentale. Nel 1963 iniziò la Missione Salesiana per gli Hanseniani e a Coloane fondò la Missão de Nossa Senhora das Dores. Nel 1984 fondò la Escola D. Luis Versiglia de Ká Hó, vicino a quel villaggio.

Circa cento lebbrosi vivevano nel lebbrosario di Ká Hó, sull'isola di Coloane; ma erano abbandonati a sé stessi e bisognosi di cure. La situazione era così disperata che alcuni di loro si suicidavano. Infatti, la colonia si trovava vicina a una scogliera, ed era facile buttarsi giù.

Tra il 1963 e il 1980, p. Nicosia visse a Ká Hó assieme ai suoi lebbrosi. Il villaggio era a quel tempo isolato e poteva essere raggiunto solo in barca, ma anche i barcaioli si rifiutarono di sbarcarvi le provviste e queste dovevano essere tirate a terra con un pontone. Con il suo arrivo, il villaggio subì una drastica trasformazione: veri medici e infermieri furono chiamati a visitare le persone infette. L'alimentazione divenne adeguata, l'ambiente pulito e ordinato e le capanne furono completamente restaurate. A tutti fu affidato un compito per non rimanere inattivi: gli abitanti della colonia divennero falegnami, meccanici e autisti. Fu allora che il villaggio divenne autosufficiente, con un grande serbatoio d'acqua e l’elettricità.

Nel 1970, secondo un rapporto pubblicato dall'Araldo Cattolico, quaranta persone erano state guarite e reintegrate nella società, e altre settanta rimasero nel villaggio di Ká Hó. Padre Nicosia cercò di trovare lavoro e sostegno finanziario per coloro che erano stati completamente guariti e che stavano lasciando la colonia. Ma, purtroppo, restavano degli emarginati e alcuni di loro, una volta usciti, non venivano accettati nelle proprie famiglie. Per questo motivo, un buon numero di loro chiese di venire riammesso. Uno di loro disse a p. Nicosia: "Questo posto è stato trasformato da un Inferno in un Paradiso!”. Altre persone iniziarono ad andare a far compagnia a padre Nicosia: il vescovo Tavares, per esempio, ci andava in ferie e per poter meditare e pregare. Lo stesso vale per il P. Allegra, traduttore della Bibbia in cinese, anche lui siculo e grande amico del nostro Nicosia. Anche le suore Canossiane offrirono il loro aiuto.

L'architetto italiano Oseo Acconci costruì una chiesa, dedicata alla Madonna Addolorata, proprio ai margini del villaggio di Ká Hó. Un famoso scultore italiano, Francesco Messina, donò un meraviglioso crocifisso in bronzo che ancor oggi sovrasta la facciata della chiesa. Oggi è stato restaurato dal governo di Macao ed è visitabile. P. Gaetano Nicosia non ha mai avuto paura di essere contagiato, ha baciato e abbracciato i suoi lebbrosi, condividendo la loro vita quotidiana e restando al loro fianco, sempre pieno di ottimismo e di speranza nella Divina Provvidenza. Dopo Macao andò in Cina, fondandovi scuole e ospedali, ma questo capitolo della sua vita viene ancora mantenuto riservato e, forse, verrà raccontato negli anni futuri.

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Angelo Paratico

Giornalista, Scrittore e membro della comunita cattolica Italiana ad Hong Kong.